Via Sistina è una delle vie centrali più note di Roma. Collega piazza Barberini con la celeberrima fontana del Tritone a piazza Trinità dei Monti, forse il simbolo più famoso di Roma assieme al Colosseo e a San Pietro. Una chiesa barocca minore e qualche antico palazzetto ne adornano i lati, ma ovviamente quelle piccole bellezze scompaiono rispetto ai tanti monumenti maggiori della zona.
Percorrendola si incontrano a ogni passo sciami di turisti e sembra quasi strano che in quei luoghi possa esserci altro che visitatori col naso all’insù e facciate barocche. È una via che io ho frequentato non troppo di rado, dato che vi abitava una mia cara amica francese, ma un giorno mi è capitato di recarmici per altri motivi.
Sono sceso dal taxi all’incrocio con via Crispi e, dopo una breve occhiata circolare per orientarmi fra i numeri civici, ho percorso le poche decine di metri che mi separavano dalla mia destinazione. Una volta trovato il civico che cercavo mi sono trovato davanti all’elegante portone di un palazzo cinquecentesco. Ho cercato fra i citofoni e ho subito individuato il nome che desideravo: Mauro Lulli.
Lulli è uno dei più noti acconciatori della capitale, forse il più noto, appartenente di diritto all’élite mondiale del suo settore. In via Sistina ha uno dei saloni che gestisce, ma dalla strada nulla consente di accorgersene. Nessuna insegna, nessuna vetrina, nessuna forma di richiamo: solo chi sa già della sua presenza può trovarlo.
Una volta entrati nel palazzo, ci si ritrova in un cortile interno sobrio ed elegante in cui nulla di particolare attrae l’attenzione. Il salone si apre, in modo quasi schivo (solo una porticina per nulla appariscente), all’interno del cortile. Una volta entrati, tuttavia, lo scenario si trasforma come per magia: la porticina d’ingresso lascia il posto a una saletta d’attesa comoda ed elegante che, a sua volta, introduce al salone vero e proprio dove, in un silenzio musicale, lavorano lievi come farfalline le sue dipendenti. Nel salone fa mostra di sé un pianoforte a coda e l’arredamento, principalmente giocato sul bianco, è luminoso e sobrio pur trasmettendo in modo visibile il senso del lusso.
Al mio ingresso una delle farfalline mi ha accolto con un sorriso autentico e, quando ho chiesto di vedere il titolare, è volata via silenziosa ad avvisarlo. Pochi minuti di attesa e Mauro mi ha raggiunto. Mi ha fatto accomodare su una poltroncina, ha fatto portare un caffè, servito impeccabilmente con un paio di biscottini e il doveroso bicchiere d’acqua, e abbiamo iniziato a chiacchierare.
Avevo conosciuto Mauro pochi giorni prima, in occasione di una piccola festa presso l’appartamento della mia amica francese che abita in via Crispi. Lo confesso: non ho alcuna cultura in fatto di professionisti dell’acconciatura e, mentre parlavo, il mio sguardo curioso probabilmente rivelava la mia ignoranza. Ma sin dal primo momento in cui avevo sentito Mauro parlare durante la festa (eravamo seduti piuttosto vicini) avevo sentito che c’era in lui qualcosa di insolito e di interessante. Dove c’è qualcosa di interessante, io credo fermamente, c’è qualcosa da imparare. E dove c’è da imparare, val sempre la pena di guardarsi attorno.
Ora, nel suo salone, potevo finalmente riprendere il discorso che inevitabilmente era rimasto incompiuto la sera della festa.
Quello che mi interessava di Mauro, a parte la sua presenza come persona, erano la sua vita, le sue esperienze, la strada fatta e i problemi superati per giungere a un livello di eccellenza così raro.
Sin dall’inizio egli aveva apertamente dichiarato di non aver studiato. Anzi, di aver testardamente rifiutato di studiare di fronte alle richieste, ai rimproveri o alle imposizioni della famiglia. Cosa vuol dire “non aver studiato”? Beh, si parla di tempi in cui l’università per tutti non esisteva e molti interrompevano gli studi per andare a lavorare subito dopo le medie (se non ancora prima). Ecco, Mauro sin dall’inizio delle scuole medie aveva provato un senso di ribellione, una voglia di uscire dal mondo della scuola che alla fine aveva avuto la meglio sulle insistenze della famiglia. Dopo un lungo tira e molla fatto di iscrizione a un collegio di gesuiti, di fughe, di bocciature e rifiuti, i genitori, probabilmente esausti, avevano acconsentito a sottoscrivere una sorta di patto: niente studio dopo la licenza, purché però egli giungesse con ragionevole efficienza almeno a chiudere il triennio delle medie. E così era stato. Terminate le scuole medie, Mauro era stato mandato a far pratica presso il salone di un parrucchiere, ma con la fortuna di pescarne uno di grande fama, proprio in via Sistina, il cui nome era Femme Sistina.
Sembra il racconto di una gioventù come tante e forse qualcuno di voi, leggendo queste righe, si sta chiedendo cosa ci fosse di così interessante da aver suscitato la mia curiosità. Ebbene il motivo per cui ero curioso è che Mauro raccontava di aver studiato pochissimo e poi sempre lavorato, però stranamente non era affatto un ignorante buzzurro incapace di scrivere correttamente “quaderno” con la “q” e “cuore” con la “c”. Era invece una persona sobria, abituata a parlare compostamente e a bassa voce, in eccellente italiano. Persino colto, anche se non potevo sapere in quali settori e fino a che punto. Parlava (e soprattutto taceva) con una proprietà e una grazia degne di una persona di raffinata educazione.
Mentre eravamo presi a chiacchierare, una giovane signora elegante vestita con un abito chiaro, avendo terminato il trattamento per il quale era venuta e dovendo uscire, era passata vicino a noi e aveva salutato Mauro affabilmente:
<Arrivederci, Maestro> aveva detto con un sorriso.
Poche frasi cordiali e poi lui l’aveva salutata con un baciamano per nulla forzato.
Dopo il passaggio della signora, aveva ripreso a rispondere alle mie domande. Il primo approccio al salone dove lo avevano mandato i genitori era stato tutt’altro che facile. Per molto tempo aveva solo dovuto spazzare il pavimento, essendo sempre sottoposto ai rimbrotti e alle correzioni del titolare. Nulla pareva andare bene: il modo di parlare, la postura, il modo di salutare, gli sguardi, i tempi, … senza dubbio era stata una scuola dura e faticosa. Eppure il giovane Mauro non aveva pentimenti e affrontava ogni prova e ogni rimprovero senza guardare indietro, con la consapevolezza e l’entusiasmo di esser riuscito a fare quel che voleva.
Intanto egli imparava tutto quello che gli riusciva di imparare e la stessa scarsa voglia di apprendere che aveva mostrato a scuola, ora si era trasformata in fame di capire e di imparare.
Con l’umiltà che lo distingue, Mauro tende a sottolineare, parlando, di avere avuto molta fortuna perché la scelta iniziale del salone dove mandarlo a fare apprendistato, gli aveva consentito di imparare cose che altrove non avrebbe potuto apprendere. Ha ragione ed è molto bello che lo riconosca, ma, come gli ho fatto notare, evidentemente, dopo esser caduto nel fiume del suo destino, lui aveva avuto almeno un merito: quello di saper nuotare in quel fiume nel modo migliore. Cosa che non tutti sanno fare.
Non basta infatti trovarsi in un ambiente stimolante per diventare bravi. Non basta trovarsi a giocare in una buona squadra di calcio per entrare nella storia, come sanno bene personaggi quali Cassano, Balotelli e molti altri. Mauro aveva avuto la fortuna di entrare nelle giovanili della Juventus o forse persino del Real Madrid, ma poi lui si era sempre mostrato all’altezza, si era allenato meglio di altri, aveva giocato bene le sue partite quando si era trovato in campo e, certamente, aveva superato e lasciato alle proprie spalle molti altri colleghi che non avevano saputo far fruttare altrettanto bene l’iniziale fortuna.
Dopo l’esperienza iniziale e dopo aver spazzato lungamente i pavimenti, il futuro acconciatore aveva iniziato a fare passi avanti fino a diventare direttore artistico del salone dove era entrato da ragazzino. Ormai conosciuto e apprezzato, aveva collaborato con riviste di moda come Vogue Italia e aveva infine aperto un suo salone presso l’Hotel Hassler, mentre fra le sue mani passavano i capelli di personaggi come Liz Taylor, Brigitte Bardot, Madonna, la Regina Annamaria di Grecia e la Regina Federica, la Regina dell’Afghanistan, la Regina Sophia di Spagna e Lady Diana.
Con il passare degli anni, il giovane parrucchiere aveva imparato ogni cosa dell’arte di occuparsi dei capelli femminili. Dagli aspetti psicologici, alla gestione della resistenza di un’acconciatura, alla capacità di mettere a loro agio le sue clienti. Aveva imparato l’equilibrio e il silenzio, l’autocontrollo e la capacità di comprendere l’animo dell’altro. E persino la disponibilità a rinunciare al ruolo di star dei capelli per farsi umile, lasciando spazio alle personalità, non sempre comode e facili, delle persone con cui entrava in contatto.
Aveva imparato a farsi liquido e delicato come l’acqua per scorrere dolcemente, assecondando il terreno. Ma senza mai rinunciare ai propri obiettivi. E proprio come l’acqua che, in un modo o nell’altro, giunge sempre al mare, anche lui era riuscito a raggiungere il suo obiettivo superando ostinatamente ogni scoglio.
Ma, si chiederà qualcuno, cosa c’entra il Tao con tutto questo?
Siamo spesso abituati a pensare alle filosofie orientali come a oggetti prêt-à-porter, di facile consumo. Un’oretta di meditazione o di yoga a settimana, buona parte della quale passata sonnecchiando; una spolverata di yin e yang, una spruzzata di Buddhismo e qualche saluto orientale come il classico “namastè”, pronunciato fuori luogo al posto di un arrivederci. Ma questa visione occidentalizzata, modernizzata e volgarizzata non corrisponde affatto a ciò che i saggi maestri orientali dell’antichità insegnavano. Dire namastè al posto di ciao non solo è inutile, ma è persino sbagliato, in quanto indica un’attenzione inutile ed errata alla forma del saluto, piuttosto che al rapporto umano che c’è dietro il saluto stesso. Talvolta un semplice sguardo dice più di cento namastè.
Il senso del Tao è invece comprendere la Natura delle cose, comprenderne le Leggi e gli equilibri per poi farli nostri, interiorizzandoli ed educando noi stessi all’autocontrollo e alla disciplina. Il Tao è fare bene ogni cosa, con amore e con cura. Soprattutto con consapevolezza di ciò che facciamo e del perché. Il Tao è saper assecondare lo scorrere dell’Universo, saper nuotare in qualsiasi fiume sempre con la stessa eleganza e superando con facilità ogni rapida o gorgo.
Il senso del Tao è raggiungere e mantenere il proprio equilibrio mentre, tutto attorno, il mondo cerca di sbilanciarci.
Non c’è Tao senza voglia di imparare e di migliorare. Non c’è Tao senza autocontrollo e disciplina. Non c’è Tao senza esercizio. Non c’è Tao senza amore per ciò che siamo e per ciò che facciamo. Il Tao è comprendere la natura delle cose, non è “sentire”, ma capire, fino a essere noi stessi parte di tale Natura. Scomparire per divenire parte dell’Universo e utilizzare così la sua stessa forza.
Mauro, forse senza saperlo, è un grande maestro taoista. Anche se probabilmente nessuna delle donne che vanno a chiedergli un’acconciatura ci farà mai caso. E per questo sono stato onorato di conoscerlo.
Lascia un commento