È bello osservare nei film o nei documentari il muoversi pacato e dolce dei monaci orientali. In special modo di quelli buddhisti. Hanno le lunghe vesti gialle, porpora o rosse che gli scendono lievi lungo i fianchi, sempre pulite, sempre in ordine, sempre in armonia con i gesti misurati e gli sguardi che paiono guardare molto oltre gli affanni di questa vita. Sono imperturbabili. Capaci di star seduti in meditazione per ore o per giorni senza muovere neppure un sopracciglio, senza lasciarsi distrarre dal freddo o dalle voci. Hanno in sé la pace. Portano nel cuore la serenità e l’equilibrio. E suscitano l’ammirazione di tutti coloro che, invece, non riescono a sfuggire al vortice quotidiano degli affanni e delle delusioni.
Ma, a essere onesti, è una strana ammirazione. Fatta di apprezzamento, di fascinazione, ma quasi mai del desiderio di darsi da fare per diventare come loro.
Sembra che la serenità che traspira da quei volti antichi ci piaccia solo a parole. Nei fatti, invece, non sapremmo rinunciare alle feste con gli amici, alle cene, agli amori, anche se infelici,
Molti parlano di consapevolezza e di evoluzione, molti ammirano i monaci, molti sono insoddisfatti delle proprie esistenze, ma tutto rimane com’è e si continuano ad ammirare i monaci da lontano, lamentandosi delle proprie vite, come in una recita.
Anche senza andare in Tibet, anche senza lasciare i nostri cari, si potrebbero semplicemente cambiare le nostre esistenze restando dove siamo.
Potremmo rinunciare alle cene con gli amici e starcene in solitudine a meditare sul senso dell’esistenza. Potremmo abolire la televisione e il cinema; spendere il nostro tempo creando mandala con la sabbia colorata. Potremmo imporre a noi stessi una ferrea disciplina nelle azioni, nelle parole e nei pensieri, eliminare il vino, la birra e le bibite gassate e bere solo acqua, yoghurt e tè, dedicarci quotidianamente allo studio dei testi sacri, ma, alla fine, non lo facciamo. La meditazione quasi sempre è piacevole solo come passatempo, ma non come obbligo e regola di vita. E ai film non sappiamo rinunciare.
Dunque la verità è che siamo noi che non vogliamo cambiare. Il mondo che tanto apprezziamo a parole in realtà non ci attrae e la prospettiva di vivere sereni e in pace non vale quanto le cene con gli amici o le avventure sentimentali vissute o sognate.
Siamo noi che, al di là delle parole, non abbiamo la voglia, la forza o l’interesse autentico per lasciarci alle spalle la nostra esistenza e crearne una diversa. E, se la nostra vita attuale è imperfetta o misera, la ragione è semplicemente che noi stessi siamo imperfetti o miseri e dunque sguazziamo nella nostra miseria.
Quello che davvero vorremmo non è trovare la via per la serenità e camminare per raggiungerla, ma piuttosto restare dove stiamo, mantenendo per noi tutte le fesseriole con cui ci dilettiamo quotidianamente e, magicamente, in più, che ci piovesse in testa anche la serenità senza aver rinunciato a nulla.
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